- Continued by: Subconscio
Succedeva, però, che per periodi interi queste ragazze o donne non mi volevano dire niente, non mi gettavano in questo turbamento [‘irrequietezza’] inebriante, le stavo di fronte quasi indifferente. Certo ne era la causa quel mio stesso stato, benché stessi bene: una mancanza di ispirazione che mi faceva gioire più che della loro presenza reale (che nella maggior parte dei casi in realtà era una mancanza, quindi una sofferenza) di un certo «colorito» astratto che davano alla mia vita. Per esempio quando una rivista sulla mia scrivania che v’era quasi del tutto coperta dai miei manoscritti e stampe di lettere, lasciava scorgere solo una piccola schegge del suo titolo; e delle gambe di donna ivi apparse, nel tratto triangolare che avevano lasciato libero le carte sovrapposte, mi entusiasmò, più che la loro forma quale dovessero avere in natura, la loro estensione nella prospettiva interrotta sulla carta: il modo in cui esse erano lì per me «drappeggiate» per di più tra i vari esiti del mio lavoro. Dolce bensì transitoria vittoria della sublimazione! (Tregua, del resto, forse simile tale che sentisse un generale in campo che per un attimo di tranquillità a gustare una vittoria di battaglia avesse dimenticata la sua sanguinosa opera, quale, forse il giorno ad avvenire, gli avrebbe costata la vita.)
Ma, innanzitutto, quello mio stato passivo le serviva loro come quei cartoni bianchi che usano i fotografi per infrangere le ombre più acute su una superficie di un oggetto: stagliava più piatta e regolare la loro bellezza sullo sfondo. O come succede a volte che bastasse una certa angolatura, sfogliando tra le mani una dopo l’altra le foglie di stampe dei miei caratteri, della prima, attraverso il biancore della carta protettiva sul suo retro, a cambiare il colore delle lettere sulla seguente, a conferire al loro blu indigo più morbidezza, e a togliervene [‘smorzare’] certi riflessi troppo profondi e magenta a fine che s’appoggiano più tranquilli con i loro contorni nello spazio circostante. Talché una bellezza che di solito mi avrebbe fin troppo esaltato, d’una fanciulla giovanissima, infatti tanto assomigliante nel viso a quella della , mi lasciò tranquillo, potevo seguirne le orme dell’incanto che partiva dalle sue palpebre pesanti e angeleschi chiuse in un sonno infantile.
E mi viene di pensare che se la bellezza altrui non nascesse solo ed esclusivamente entro un’anima quand’è rivolta all’interno, incline ad un ripiegamento in se stessa, per dire in modo «concavo», almeno il grado di sua morbidezza, le colorazioni che le vengono attribuiti, dipenderebbero in gran parte dallo stato di riflessività in cui la tale anima si trovi. […] stato in cui mollemente mi parevano subentrare tutti i ricordi della mia vita passata: come, si sa, cambia i colori una lente dell’occhio abituata alla luce, li rende più equilibrati e ricchi di varietà, rifrangendo sugli orli dell’iride diversamente i raggi.
Di modo che il #viso di una fanciulla cambi d’espressione a seconda di che cosa di lei le riflettessimo.
E siccome succede a volte che se non ci fissiamo troppo su una cosa riusciamo più facilmente a raccoglierne la sua vera essenza, mi aiutava un’altra donna sedutami di fronte a far scivolare i miei sguardi, o sull’una o sull’altra, di modo che questi piccoli momenti di «distrazione» intermittenti parevano come smorzare un poco i suoi contorni sullo sfondo1: come lo riesce fare il sfumato in una pittura, o come i caratteri racchiudono più abilmente quei loro spazi neri e bianchi attorno a causa di quei bordi vibranti creati dal colore traboccando per la loro pressione nella carta fatta a mano [la stessa linea vibrante, benché fosse ispirata da una tridimensionalità enfatizzava di più la sua bidimensionalità, simile quella che lo scioglieva dai diruppi scoscesi il viso della ] nei libri stampati a piombo.
(…) ad accogliere l’immagine di quel arto arcuato: il sacro ricurvo a semicerchio che si forma dal suo suolo sollevatosi fuori dal letto della scarpa; sul dorso disegnata quella venetta massiccia, azzurra, che spesso attraversa in orizontale un piede giovanile in pieno vigore, e descrivendo la sua linea curvata quella stessa che farebbe un vivido getto d’acqua emerso da una fontana.
E, infine, mi serviva questo tumulto, quel mescolarsi vitale: come una lingua studiata, ma non parlata, nulla giova di più di una parola emessa dalla bocca d’una bella donna, a ridarci quella sensazione del giusto, invece di quel che stona.
Quel tumulto che altre volte consisteva in un sorriso timidamente abbozzato, la liscia cutanea di un decolleté, dei piedi di donne varie che correvano verso di me sulle scale della metro; insomma un variopinto ammassarsi di tanti tipi di bellezze, contrappuntato lì o la dalle macchie di colori, chiazzate in mezzo come sulla tela di un Cezanne, blu chiare, bianche, dei vestiti alla moda.
[…] di una fanciulla di cui non poteva vedere il viso l’orecchino di perla penzolante all’orecchio, dello stesso tipo della così titolata ragazza fiaminga, mi bastava a darmi piena fiducia nella sua bellezza2 (perché sembra che certi dettagli non permettano altre deduzioni). Il vestitino bianco con chiazze rosse, forse rappresentanti delle rose, le svolazzava intorno alle cosce, il braccio sinistra libera della borsetta le dondolava sul fianco mentre camminava… Avevano, però, da prima attirato mio sguardo le gambe snelle, un certo muscolo che finora non avevo mai visto in quella nettezza sulla parte di lato del ginocchio, molto delicato disegnava un’ombra come certe volte lo getta una minima piegatura su una carta di cui curavamo tanto che non venisse piegata ma su cui ciononostante non evitassimo una pressione di troppo di un dito.E infine niente può competere con quel che riceviamo durante l’innamoramento; quando un viso che finora ci dimostrava solo indifferenza, persino ostilità, si apra verso di noi. Verremo a sapere il tocco dei suoi capelli, si cambierà quel disegno che forma una bocca, finora sconosciuta, quando ci bisbigliasse delle tenerezze. E, che brivido!, ricevere un appuntamento di nascosto…
1 – Denn es scheint, das Auge arbeitet in einer merkwürdigen Weise. Es gelingt uns eher eine Sache genauer zu beobachten, je weniger wir uns (unseren Blick) wie in einen Brunnen in sie hineinziehen lassen, was ihre Umrisse über Gebühr zu verstärken drohte. Je undefinierter ihre Kanten sind, desto einfacher ist es dagegen auf Ihrer Oberfläche zu verweilen; eine Technik der sich die alten Meister bedienten im sogenannten Sfumato.
2 – Bellezza su cui ero ancora più determinato quando mi recavo in viaggio verso i paesi più del sud, dove i visi delle fanciulle, benché meno distinti, più raggiungibili, mi sembravano in sostanza assai meno notevoli. [‘che ugualmente mi preparavano un bagno di Giovinezza’] Italian Beauty [Italian language]
- Continued by: Subconscio