Per cui ero ansioso ogni mattina di uscire di casa, vestirmi bene, per salutarne tutte le faccette: fanciulle dalle guance paffute, rosee, situate oltre la linea luminare che separava i lor visi dalla penombra del vagone, e quali controllavano il riflesso della lor capigliatura mattutina nei vetri. Persino quell’odore tipico della metropolitana, misto al polvere di ferro, che emanano gli usci quando si chiudono, me lo rendevano gradevole.
A vedere come toni di rosso acceso orchestravano il biancore della pelle nel viso d’una fanciulla, che come nuvole mascheravano la sua timidezza, aggiungendo altra bellezza a quel volto; e come esse sogliono fare in una giornata assolata, lo rendevano ancora più splendido.
E, se il mio cuore non fosse già posseduto, erano pronte [quelle faccette] a scatenare un amore, o, al contrario, alle quali non sarei stato di più sensibile se esso fosse pesato dalla solitudine.
Dal che dichiaro fermamente che il possesso non è tutto! – almeno che non si considerasse la loro disposizione agli sguardi stessa un «possesso».