La sua era piuttosto un tipo di bellezza che gli Italiani sogliono circoscrivere con la parola ‘carina’, e la quale sembra di pullulare tra le loro giovani donne intorno all’età dei vent’anni: da un corpo prevalentemente gracile, né troppo alto, né troppo piccolo, delicato nelle sue singole parti.
Se anche in quei visi sereni, confidenti di se stesse, a volte predomina un po’ troppo una certa rettangolarità, da un cranio quasi al mascolino, questa è, però, innocua ancora quando una pelle (quasi sempre leggermente abbronzata) vi si espande elastica e liscia. E neppure un naso appena appena incurvata non vi fa danni sotto di quelle sopracciglia piuttosto marcate, ma belle soltanto, giacché sono di un colore bruno e compatto e accentuano uno sguardo penetrante e fiducioso. Le mani di solito non sono fatte di dita troppo lunghe o fini, piuttosto un pochino tozze come di contadina, difetto però a cui rincorrono in aiuto braccia sottili e gambe snelle.
Sulla schiena, cui madri severe sembravano averle educate di portarla bella dritta e con dignità, si disegna una linea vertebrale ben visible e lunga finche sparisce sotto i capelli neri al di sopra la nuca.
E quando colei, camminando con disinvoltura, si mette ad arruffarli [i capelli] e raccoglierli in nodo le due braccia affusolate sembravano formare due eleganti triangoli come guidate da un abile artista di teatro di marionette.