… se sono [i sensi] ancora aguzzati dai raggi del sole che giocano intorno ai lor bei muscoli.
Ho visto nel pieno del mezzogiorno delle gambe dal lato di dietro che mi hanno fatto venire la voglia di cambiare la mia vita. Non era tanto per la loro forma intera, tanto che già impressa nelle nostre memorie, che per un dettaglio: lì dove quel forte muscolo che congiunge le due parti della gamba, espandendosi a forma di un ponte, sopra la parte retro della capsula del ginocchio, si prolunga e sparisce nella carne vibrante della coscia.
Perché vi era in questa nudità tesa, e invisibile agli occhi di lei medesima, di un muscolo blandamente messo all’estremo, qualcosa di commovente: in quanto malamente copriva la necessità per così dire «primaria» (e in essa risiede la sua vulnerabilità) di un apparato motorio; del resto come in pochi altri punti del corpo femminile, destinato per lo più ad apparirci in rotondità piacevoli, ritirate, e quasi si verrebbe a dire inutili, se non per la loro bellezza medesima. E sia che è stata questa vulnerabilità scoperta che mi rendeva incline a servirle di proteggergliela?
E, sicché, non ero nel mio paese si faceva avanti un pensiero, più insistente di ogni congettura quale avrebbe potuto suggerirmi finora un mio ragionamento, o si avrebbe potuto solidificare tramite le mie esperienze: quello di espatriare. Era il destino a farmi votare immaginariamente a quella creatura cui tale dettaglio apparteneva, oppure ad un’altra simile, in una possibile convivenza tutte le mie forze per renderla felice ed avermene cura.