Spesso quei particolari sembra che appartenessero a due categorie diverse, una dualità intrinseca nel loro essere femmine. Una volta osservai in un ginocchio che si potrebbe tranquillamente chiamar di forma «comune» una scena commovente, cioè vidi la pelle bianca che si stagliava scintillante contro la superficie spessa, nera, di una calza di lana. Quel premere della carne mi dava l’idea come di germogli primaverili che sotto gli strati di terreno ancora ghiacciato si preparassero a irrompere, per finalmente ricevere le tenerezze dei raggi del sole. Quella scena rimandava a qualcosa di misterioso, ma altrettanto più generale, di ‘comune’ al sesso femminile.
L’altra categoria, alla prima apparenza più elevata, più rara, la potei intravedere nel dito maggiore della mano di una fanciulla. L’ultimo segmento di quel dito, coronato da un’unghia con lo smalto lucente, trasparente, declinava verso la sua fine, appiattendosi1 (al contempo del suo farsi più stretto ai lati) nel modo in cui il usava dipingere il finale dei piedi delle Madonne: cioè il modo di appiattirsi così regolarmente che nessun osso o muscolo esageratamente in evidenza disturbasse l’armonia delle linee convergenti, sottolineando il candore del suo #modello e la purezza dell’anima.
Cosicché la lacca sulle sue unghie, opaca, di un argenteo alquanto sgretolato, che per altri era solo evidente negligenza da ragazza noncurante, a me appariva, composta di dei strati spessi, di un denso color nobile, come la miniatura di uno splendido affresco.
Della prima bellezza (pure se non la considerano tale2) ne sono pienamente coscienti, dalla seconda rimangono separate, in quanto più astratta e all’infuori della loro stessa percezione. [Come del resto fuori anche della mia portata, non avendo – al contrario della prima che si desidera per la sua accessibilità – mai verificato, sia per timore di essere respinto sia inconsapevolmente per non rischiare di perdere quell’ultimo mistero costituito da un inaccessibile candore, se potrebbe nei momenti di estasi sensuali aggiungere qualcosa di valido al mio piacere fisico o meno.]
Perché per l’amore non basta la bellezza, vi serve una certa volontà di ‘aprirsi’, che è ben più facilmente posto in un corpo mediocre insieme ad un bel volto, invece che in uno che sia armonioso, che eccelli in tutto.
1 – Come, del resto, in #certe mani non è esclusivamente la lunghezza delle singole dita a segnare responsabile per la bellezza, ma la, per così dire, ‘forma nel diametro’; cioè quell’ellisse favorevolmente appiattita verso la fine, come solevano evidenziare nei loro disegni prospettici i pittori come il (ma pure lo stesso imitando la maniera di esso).
2 – Spiegazione per il lieve imbarazzo in cui tale donna si sembrava trovare (lo svelarono i suoi gesti meccanici), accorgendosi di come cominciava a lavorare su di me quel meccanismo sottile, partendo dal suo ginocchio cui immagine sembrava scagliarsi contro di me, come secondo la teoria del
le cose gettassero le loro immagini nell’aria; e benché le dovesse essere ormai un abitudine (infatti più greve sarebbe l’imbarazzo se gliela togliesse questa sicurezza che sta nel suo puntuale ripetersi e ogni volta con la stessa precisione) era come se, in fondo, non avesse delle cognizioni sufficienti sul come questo avveniva. Per quello era come una persona divenuta ricca per un matrimonio vantaggioso che si astiene dal parlare di come si maneggia le azioni, o come chi, usando un’equazione matematica imparata a memoria, ne trae i risultati giusti non sapendo spiegare come.