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Del resto, in più che un’occasione, avevo sperimentato come questo aspetto destabilizzante, amplificante, è causa, e in misura riversa, per come la bellezza sa percuotere la nostra anima nel profondo.1 […] sotto le spoglie di quei volti e corpi, alcuno somigliante a qualcuno del passato, alcuni finora ignoti, il gioco che ne fa la nostra psiche: una specie di refrattaria rappresentazione ottica del tempo e le sue potenzialità: il seno abbondante di una ragazza di statura piccola che, quand’essa si inchinava leggermente davanti a me e mi scopri le sue forme, farsi visibilmente più strette lì dove sembravano disegnate con due cerchi esterni intenti ad incontrarsi, prima di dischiudersi, analogamente seguiti da altrettanti due cerchi, ma interni e inversi, per le sue piene rotondezze cullate dalla vestaglia, altro non fosse [simbolo di maternità] che il manifestarsi d’una vita possibile ma non vissuta da padre di famiglia, e via dicendo… mentre un’altra invece dalle dita e gambe lunghe e snelle (contrappuntate, nel tatto del suo passo vispo seppure un tantino inesperto, da un vestitino che sopra i fianchi faceva ballonzolare il suo bordo ondato) manterebbe vivo in noi il sogno di essere un pittore con la sua musa, immaginandoci disponibili le sue cosce salde in qualsiasi momento l’avessimo volute…; e in che, oltre la sofferenza a non poterle realizzare tutte queste possibilità*, si sprigiona una gioia immensa per le ricchezze della vita stessa, di cui esse, queste splendide fanciulle, senza rendendosene neppure conto, erano soltanto un magnifico portavoce.
Ma tutto questo, talun frammento2 di vite diversi e (im)possibili – ché, essi solo nella nostra visione alternandosi e mescolandosi, la ragione ben sa una escluda l’altra –, non mi sarebbe apparso così urgente se non mi fossi trovato in uno stato di continua agitazione, come non quando, per esempio, le avessi incontrate queste ragazze separatamente una dall’altra, camminando per la strada [‘istrada’]. Così la bellezza, tutt’altro che fatto positivo, costante e irremovibile, dipende in gran parte dallo stato di suscettibilità a riceverla da parte dello spettatore; ma dall’altro canto non è neppure del tutto soggettiva, concernente solo lui (me in questo caso); cosicché mi chiedo se questa situazione potesse essersi sviluppato nello stesso preciso modo in mia assenza, senza il mio occhio lì pronto ad accogliervela.
In quel piccolo teatrino che formavano (e come in un teatro vero, non farebbe senso se gli attori recitassero i loro versi venendo sul palco uno dopo l’altro; e men che meno conta cosa fanno loro nella vita, solo il loro essere simultaneamente davanti al pubblico), le sfumature nelle forme delle gambe della ragazza alta non fossero le stesse, senza accanto di loro il seno [‘scorto nella…’] della fanciulla piccola, e per il cui evidenziare le prime, il balzare della gonna faceva lo stesso come l’inchinarsi provvedeva alla forma del secondo: come i caratteri di una scrittura, che nel loro essere soli, sì, hanno una forma [pre]determinata, ma i cui dettagli sublimi cambiano notevolmente quando verranno composti insieme.
Come fosse il loro raggruppamento un continuo spostarsi, un aggiungere qualcosa là, un sottrarre qualcosa da un altra parte. E ogni nuovo elemento arricchisce il loro fluido, è in grado di cambiare i dettagli sottili.
E conviene dire, infine, che la squisitezza di queste gambe non avrebbe completata una bellezza mancante di niente, se non essendo stata anticipata dalla visione del seno d’un’altra: nello stesso modo come forse un’aria non può svilupparsi nel suo pieno senso senza essere preceduta dall’ouverture. E, del resto, non di più se il viso della fanciulla in proposito fosse stato più bello, anzi, la di cui imperfezione quasi vi lavorasse nel suo favore per due ragioni: prima, perché mi rendeva più plausibile la realizzazione del godimento della sua carne, prima ancora che queste gote e questa bocca, che ad egli davano un che di rattrapito nel mezzo, come una rosa chiusa3, quando d’improvviso sbocciavano in un sorriso, mi avessero alluso come ad una certezza; secondo perché potesse servirsene la mia memoria più tardi come d’un punto di riferimento. Facendosì che la sua immagine nella mia memoria mi turbasse per settimane, come una fata nel sogno promettendomi una vita preclusa, ma senza essere sicuro, evidentemente, di poterla riconoscere in un possibile rincontro reale, cosa che pure desideravo (sebbene sapendo che, come in quella famosa di Morgana, non si trovi in essa cosa si cercha): come, del resto, l’aver dimentichato del tutto il trama di un sogno di mattina, non ci impedisce di volervi ricadere la notte prossima.
E mi veniva in mente più tardi il pensiero che forse quella diversificazione, quel essere così differenti di due bellezze, apparentemente così lontana una dall’altra (qui radunate in modo così ammirabile, ricongiunte nella freschezza della loro carnagione), fosse quasi un sistema della natura per magnificare ancora di più la sua creazione; come ci volesse dire: Vedi come è bella, ma se tu credi è l’unico modo, toh, te ne do un’altro! E invece di relativare la prima bellezza, di diminuire il suo effetto, non fa che innalzarla ancora ad un livello più alto: attraverso le sue [queste] variazioni, che forse altro non sono che lineamenti diversi modellantisi nel semplice gioco di ombra e luce, ma che per noi esprimono vite intere, componendosi e distruggendosi in un attimo.
È questo che ci fa il desiderio; che qualcuno chiami «mutevole», ma è pur sempre quello che crea (vita).
*Più grave ancora, quand’essa, una vita da prima sembrante inattuabile, d’un tratto, attraverso un cenno del capo o un sorriso timidamente abbozzato ci desse il chiaro segno che fosse lì lì per venir trasformata in realtà. Tant’è vero che la fonte di ogni sofferenza è quel che crediamo di non poter vivere, assicurato d’altronde solo nel caso della perdità d’una persona amata per la sua morte, di cui sappiamo non averne mai più la compagnia.
1 – Come credo, del resto, che una grande passione non ci colpisce quando ci troviamo in una situazione di vita tranquilla, dacché emerge di solito fuori da un’esperienza di perdità qualunque; di cui forza si servirà, travolgendola, sicché il di esso soggetto ne incorpora tutto quello che ci è stato tolto, come nel mio caso X*** si è appropriata nel suo corpo di tutta la luce dell’Italia.
2 – Frammentaria come l’ispirazione stessa che solo l’artista nella sua opera è permesso di congiungere, similmente come si raggiungono le sinapsi d’un cervello cui punti cruciali esso sa congiungere tramite l’arte del suo mestiere (con quella che si potrebbe chiamare «maniera»), altro che non nella vita reale. Perché chi rimproverebbe ad un
, dipingendo la sua giovane donna nel giardino [dell’«En été, etude»], che pur godesse della bellezza di un’altra?3 – [Il viso:] Come avessero le distanze in esso non ancora raggiunte le loro giuste proporzioni finali, restavano ancora [una massa] palpabile. Non era quella bellezza che si sa ci affascina spontaneamente per sua grazia simmetrica di finitura (quasi glaciale come d’un porcellana fredda), ma davanti alla quale poi restiamo un po’ delusi perché non vi rimane niente per noi da compiere a finirla con degli ultimi tocchi immaginarii; e quel di lei essere «bisognoso» di noi, in deduzione a rovescio ci regalasse un tempo futuro, fittizio, al suo fianco [della fanciulla che lo porti]; o come percepissimo già un riflesso di quel dono finale che sa conciliarci con tutte le sue imperfezioni, e che cresce soltanto col tempo: cioè l’amore.
[…] quello stato di intermedio che è terreno fertile per qualunque tipo di sviluppo e perciò utile alla creazione, come un grande artista [scrittore] è raro che nasce da una vita di totale povertà dove si vedesse di continuo costretto a combattersi per la sopravvivenza, ma è altrettanto raro che viene fuori da un ceto di estrema ricchezza rendendo fin da bambino l’ozio inutile ogni sforzo di [‘intromettersi’] nella vita, di cercarsi un posto suo da empiere.
Infine, nel mio ricordo da quel incontro sopravvisse, presa il sopravvento sulle diverse oscillazioni incerti, la fanciulla dalle gambe lunghe e dalla vita un po’ goffa. Sebbene la nostra ragione sà di quanto ogni essere soffri attraverso una seconda visione la perdità di tante sue attrattive iniziali, ad essa sarebbe sempre rimasta quel mostruoso vantaggio segnatale dalla sua gioventù a determinare la visione di una possibile felicità, per me, al suo fianco; qualità quella che rendesse ferma al mare la sua barca, che sarebbe sempre spiccata tra le onde di un mare sommosso. Causa velata della mia predilezione per [del]le sue forme malferme che in sé stesse meglio esprimevano questo concetto.
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