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Il Concetto della Bellezza come lo vediamo nelle pitture del rinascimento è strettamente connesso all’elemento della fantasia. Cioè non solo la fantasia di chi la crea (il pittore o chiunque) ma anche di chi la guarda.
Il simbolo che spesso appare direttamente in quelle pitture del ’500 è lo specchio. Lo specchio che spiega o contiene la spiegazione che non sono le forme della donna pitturata a rivelare la bellezza ma l’immagine in essa rispecchiata (il «volto di dio»). Così anche la donna stessa diventa un concetto. È il più ampio contenitore di tutto ciò che all’uomo (generale – non si riferisce al maschio) appare di sensitivo, ben formato, sensibile che svela nello sguardo una dolce promessa: quella dell’eternità, del rinascere.
Così tutto ciò che riusciamo a creare è obbligato legarsi alla forma femminile perché essa contiene la somma di tutto in sé. Se non corressimo dietro alla sua immagine, se non cerchassimo di rispecchiarci in essa, saremmo perduti nell’arbitrario.
Credo che non sia un caso che nella parola di origine greca «idea» si nascondesse la parola dea.
«Si quid enim placet, Si quid dulce hominum sensibus influit, Debentur lepidis omnia Gratiis.»
[«Infatti tutto ciò che piace, tutto ciò che lusinga i sensi dei mortali (= hominum sensibus), lo dobbiamo alle amabili Grazie.»]
, Odi Olimpiche, XIV
[Saggi, , II, p. 850]
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