E da giorni era il ricordo di quel preciso momento che mi accompagnò in cui avevo scritte queste righe*; insignificanti in sé, perché non potevano essere state riflettute abbastanza in quell’ora lontana, e farsi vedere nel complesso dei ricordi, nel loro insieme, come mi apparivano adesso. [*riferimento a La Ruota]
Come scrive 1 sentivo allora solo l’impedimento (di accostarmi ad altre bellezze – tanto mi ricordo bene il giorno di tormento quando vidi due amichette con un giovine che queste dovevano aver appena avuto conosciuto, e come l’osservavo il loro gruppetto formatosi davanti a me, giocando nell’acqua [quei fantasmi luccicanti, colmi di mistero sotto la pelle perlata di acqua [del liquido]]); ma ora, chiara, come quella mattina al letto da solo scrivendo, ne aggiungevo nel ricordo (perché nel momento stesso del verificarsi di questi due giorni non siamo in grado di vedere né l’uno né l’altro nella loro successione che gli attribuisce il vero significato, come due tappe su una mappa ancora disgiunte; perché eravamo prigionieri delle nostre emozioni ora dell’uno ora dell’altro: cioè separatamente) anche quella seguente in cui, dimenticato del tutto quei pensieri ristrettivi, cupi, godevo del suo corpo unico, nel medesimo letto in cui avevo scritto quelle righe, al sollevarsi del sole caldo estivo contro i battenti della finestra, e che sempre mi affascinò come al nostro primo incontro2; anzi, che dopo gli anni riusciva sempre di più a svegliare il mio desiderio fisico verso di [per] lei. E un’altra cosa adesso mi apparve più chiara e d’un significato più netto: cioè il fatto appunto della sua assenza in quella mattina precedente, perché contro quei pensieri miseri ora si stagliava il riflesso di quel lusso che lei m’aveva dato in verità: la libertà di spirito. E adesso mi pare essere stato, pur essendo fatto inverosimile, quell’assenza di lei, il giorno prima, un suo atto cosciente: quello che in verità era il complemento (subcosciente) della sua intelligenza alla mia, riconoscente i miei bisogni di girovagare nelle mie fantasie; e, che, in fondo, sia questa libertà di spirito che terrebbe sveglio in noi il gusto dell’amore fisico che trovassimo in una donna, ne fosse in qualche modo la chiave per il piacere sensuale stesso3. E, paradossalmente, raramente nella nostra vita una donna riesce a fare questo, che altre sanno fare solo perché non ci conoscono ancora abbastanza: cioè di lasciarci quel terreno sconosciuto, inesplorato volontariamente, in noi, che è come un prato su cui quando ci prendesse la voglia potremmo sempre sdraiarci in compagnia uno all’altra.
che Albertine era stata «l’impedimento» ad accostarsi a quelle «semidee»Infatti sono solo coloro che sentono (e soffrono probabilmente) nella stessa maniera.
E forse è sempre così: si tratti di una donna o una città in cui s’era vissuta a lungo, che del vero grande amore non lo se ne rende conto finché lo si ha, perché fa talmente parte di noi, talmente è legato al nostro io che non lo possiamo riflettere (essendoci dentro) come qualcosa al di fuori di noi, e cioè «esistente»; e certe volte fatalmente siamo più disposti a scambiarlo per noia e quindi lasciarlo.
1 –
, Albertine scomparsa (Alla ricerca del tempo perduto, Einaudi ET Biblioteca), pp. 1906Semidee forse perché sappiamo che una buona parte di quel che è in loro, che ammiriamo, è creata da noi stessi, pur se non ci sentiamo degno di loro (per lo stesso effetto in autobus il posto accanto una bellissima fanciulla spesso rimane vuoto, come fosse [essa] un mendicante puzzolente); e l’unica cosa che è in grado di ricondurle allo stato «umano», cosa che ci incute nuove speranze (inesaudite poi) nello stesso grado come ci fa soffrire, è quello che si nasconde dietro le parole un’altra o altrove.
2 – Si sa che accanto uno all’altra due amanti, la persona amata neppure invecchia perché si mantiene sempre quello che si ha visto la prima volta, al primo bacio, al primo convenuto di amore.
3 – E come in deduzione inversa una mancanza d’esaudimento di un desiderio fisico che risalisse ai bisogni del nostro animo non può essere calmata [‘gelöscht‘] da un piacere fisico momentaneo, ma solo da uno sfogo in qualunque modo intellettuale come lo è lo scrivere ad esempio.