I suoi erano tratti tipici del volto di giovane donna russa, cioè gli zigomi teneramente alzati, una fronte tonda ma piccola, sfuggente, i cui lineamenti si susseguivano l’un l’altro senza interrompersi in nessuna della sue parti.1 Una ciocca separatasi sperduta dalla capigliatura bruna compatta, scintillante sotto i raggi del sole che entravano dal finestrino, si rotolò dietro il semicerchio della linea dell’orecchio. Sul quale stesso sotto una pelle liscia, perlacea, quasi marmorea, conseguivano in miniatura quelle alterazioni topografici, e donde l’occhio intraprendeva viaggi piacevoli senza stazioni, traversando da cime in distesa, senza rendersi conto del graduale cambiamento delle sue terre, – per poi rifluire in quelle della gota; come in quelle forme, avviluppate su se stesse, quali evocava, anzi di cui tutta la sua testa ne dava la sensazione: quelle di una conchiglia (una di quelle grandi dei mari del sud, rosee, vitrei dentro); e come tale, sul suo lato interno, essa stessa pareva fosse formata di un liquido, continuo e unificante: in nulla comparabile al volto di una donna più matura, seppure bello (e che avevo per confronto al suo fianco), in cui tutte le parti si erano già divise in zone separate (ed immovibili tra di loro), riconoscibili per quella del naso, della bocca, degli occhi ecc., e che mancavano di quella fluidità sorprendente.
L’indice spalancato sopra la semi palla della gota richiudeva in sé a metà (gesto che commischiava una certa inclinazione alla pensosità con una timida gentilezza: come fossero quei tratti di carattere in lei, tutti introversi, ma fluidi gli uni fra gli altri – forse non ancora del tutto sviluppati [cioè incontrastati dalle amarezze della vita] – un rispecchio delle fattezze delle sue forme esteriori) quella perla che era il suo cranio, fatte tutte e due di quelle parti come di un solo pezzo fuori dal marmo.
Quelle mani pertanto avevano l’aria di essere i curatori della sua bellezza, facendo uguale a dei lavoratori, ben formati e diligenti, cui però fosse una cosa indecente darsi troppo agli occhi [‘se si mettessero troppo in vista’] per le loro stesse qualità.
E se ero scontento di sera era perché volevo, ma non potevo, tra le mie mani voltare quella conchiglia, la sua bellezza eternizzata.
1 – Oppure, come in quei disegni egnimatici del
dove l’occhio segue le scale che da nessuna parte finiscono se non in se stesse, si seguiva le concavità ininterrotte e che non davano segno di invertirsi. Outlines of characters were not perfectly digitally “polished”, they show edgy details on curve turning points and charming details.