Un dolore persistente nel vedere la loro bellezza, che poteva stare nascosto per lungo tempo senza farsi presagire, ma che poi irrompeva imprevisto a causa di un tale sorriso, e che mi rimaneva per lo più inspiegabile. Dolore vivo a cui c’erano d’accordare forse la mancanza d’una propria figlia, ma, sottratto questo, rimaneva d’origine ignoto: spiegazione scientifica sufficiente né poteva essere il forte istinto alla procreazione favorita da un tale ventre piatto e una gioventù così vigorosa. Peraltro questo possa esplicare la preferenza del nostro istinto per una bellezza naturale, semplice, che non sia continuamente indaffarata a nutrire soltanto se stessa.
E visto che esso (il dolore) dava alla loro bellezza come una spinta in più; come un bel disegno o un ricamo su un abito, su quel che ne trapelava dal traforo avevo un bel rimuginare se fosse soltanto un altro colore della stoffa o già qualcosa del corpo nudo.
Perché il dolore, essendo una passione, ha le sue stesse caratteristiche, cioè è in grado di crearsi una bellezza* da sé (al modo in cui faceva Swan alla sua Odette) intorno ad un essere forse comune e, retrospettivamente, legarla al suo soggetto. Per fortuna, due esseri, che magari un caso della vita possa aver avvicinati, ad una siffatta passione, insensata se vogliamo, (e in seguito rafforzata al doppio del suo potere) succede di rado che siano pronti, sapendo di «non essere fatti l’uno per l’altro», e perciò evitano d’istinto di mescolarvisi in un tale subbuglio struggente (per almeno uno dei due).
Un dolore vivo come fisico che contiene sempre in sé un lento avvicinamento, germoglia per poi sbocciare al improvviso: come quando forse contemplavamo da dietro delle gambe lunghe d’una donna, lo scintillare della stoffa che le circondava a cui si rimescolava il rammarico di vivere in una città del nord e pur non avendo a disposizione per goderne almeno la straordinaria lunghezza di tali arti tipici. E quando a queste si accompagnava una bocca non proprio bella ma teneramente piegata come foglie d’autunno cadute [‘ein Mund der sich zu seinen Winkeln hin zärtlich wölbte wie gefallenes Herbstlaub’] si manifesta crudelmente come vite non vissute e mille volte più felici della nostra.
O forse è quello che portano dentro di sé, delle donne che abbiamo amate nella nostra vita passata, e che adesso si disegnerebbe in quelle facce sconosciute
come un uccello che si sprigionasse e volasse via dalle loro teste; e se, tutte di pazienza per noi, chiudessero gli occhi un momento, quel gesto gli sarebbe causato dal vento delle sue ali battenti,
– non solo nella linea di un naso o la forma d’una fronte che le fanno assomigliare all’una o l’altra –, e perciò più chiaro che quando le abbiamo avute di fronte in un epoca lontana. Quest’ultimo probabilmente perché allora eravamo della stessa età che esse hanno oggi e quindi eravamo incapace di percepirlo (come pure loro lo sono adesso) nei suoi contorni così netti e le superfici luminose. Siamo indotti sempre a cercare i punti di «contatto», di rassomiglianze, per quanto sia a nostra insaputa, alle vite di esse, tanto evidentemente in contrasto con quella che seguiamo noi ora. Tendiamo di isolarle dalle loro vite come un pittore che dipinge il suo modello nel suo atelier aggiungendovi solo dopo i dintorni naturali, come i cespugli d’un giardino inesistente.
Del resto, spesso è da osservare come l’espressioni di un corpo giovane non vanno d’accordo con la situazione di vita in cui invece la sua anima si trova. Come in una giovane donna cui seguivo il movimento, una specie di convulsione della sua bella mano (più matura rispetto al viso) non sembrava affatto stesse in alcun rapporto con la sua personalità. Quasi al contrario come succede con i cani piccoli le cui zampine ci appaiano smisurate e bambinesche perché avanti in realtà nello sviluppo del corpo, qui sembravano i suoi arti dessero il passo e che corpo e anima avrebbero da seguirlo più tardi.
*Spesso essa ha un punto particolare di riferimento, come nel caso di *** lo erano le gambe slanciate, oppure una vita particolarmente graziosa che poi diventasse dominante sopra tutti i suoi punti più deboli.